La maggior parte degli italiani, e forse inconsciamente anche tu, è per alcuni aspetti esterofila.

Da sempre consideriamo quello che viene fatto al di là delle Alpi come migliore di quello che siamo in grado di fare noi. Almeno in determinati settori.

Nel mondo Private, e più in generale nel campo economico, abbiamo avuto nel corso degli anni diversi modelli esteri a cui avremmo voluto rifarci.

Il modello tedesco, quello giapponese e, negli ultimi anni, quelli irlandese, islandese e anche finlandese sembravano il must da seguire.

Le banche estere sono state spesso poste sul piedistallo, osannate in termini di efficienza e sicurezza.

Gli scandali legati alle principali banche tedesche e olandesi ci hanno fatto però capire, che la tanto sbandierata sicurezza in realtà, nascondeva una situazione molto simile a quella di casa nostra.

Poi sono arrivati gli scudi fiscali e gli investimenti hanno iniziato a rimpatriare.

E con i titoli, e con gli assets, sono arrivate anche le evidenze dei risultati, del rendimento.

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Cosa significa affidarsi a Private Bank estere?

Forse anche tu hai sperimentato che i miracoli non si fanno soltando parlando un’altra lingua.

Il sapore, in molti casi, già amaro dei risultati è diventato insopportabile quando con i documenti hai visto i costi che le banche estere hanno applicato.

Se hai avuto esperienza con Private Bank estere avrai di certo sperimentato quanto possono essere elevate le cifre relative ai costi, pur non assicurando nessun risultato.

Le banche estere si sono sempre avvantaggiate dal fatto che, chi detiene posizioni presso di loro, le possa guardare e valutare pochissime volte durante un intero anno.

La distanza e gli impegni impediscono un costante confronto con il Private Banker. La gestione diventa poco efficiente e purtroppo, in alcuni casi, anche poco trasparente.

Se a questi aspetti aggiungiamo che la rendicontazione spesso non viene nemmeno spedita, diventa molto difficile monitorare gli andamenti e le spese di gestione.

Affidarsi a Private Bank estere: un caso reale

Ti racconto un caso che ho vissuto in prima persona e che è emblematico.

Un mio storico cliente ha aderito all’ultima edizione dello scudo fiscale. Mi ha fornito l’estratto aggiornato della sua posizione detenuta presso una delle più prestigiose e antiche banche svizzere, spesso presa a modello nel mondo del Private Banking.

Analizzando la posizione di qualche milione di euro, non potevo credere che la stessa potesse essere stata costruita per il mio cliente.

Era quanto di più lontano dal profilo della persona che conoscevo da anni di collaborazione.

Il suo profilo è sempre stato prudente, orientato alla conservazione e avverso al rischio. Non poteva aver ispirato le soluzioni e gli strumenti scelti per il suo patrimonio.

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Ma andiamo con ordine e analizziamo alcune incongruenze:

1. Fido di cassa.

In altre parole la famosa e pericolosissima leva: il cliente aveva conferito 100, ma la Private Bank svizzera aveva investito 120.Era stata posta a garanzia parte della posizione del cliente, così da accordare un affidamento utilizzato solo per acquistare titoli.

Operazione che amplificava il rischio in capo al cliente che, anziché 100, stava rischiando 120.

2. Composizione del portafoglio.

La gestione del portafoglio era perfettamente bilanciata, 50% azionario e 50% obbligazionario. Asset molto lontano dal profilo di rischio desiderato.

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3. Obbligazioni.

Le obbligazioni, ovvero la parte “sicura” e “protetta” del portafoglio, sono risultate essere solo obbligazioni subordinate “perpetual” emesse da diverse società italiane ed estere.

Per chiarire meglio, è utile la definizione di obbligazione subordinata tratta da Borsa Italiana:

“Con la definizione di obbligazioni subordinate ci si riferisce ai titoli il cui rimborso nel caso di liquidazione o fallimento dell’emittente avviene successivamente a quello dei creditori ordinari, comprese le normali obbligazioni definite senior.

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Le obbligazioni subordinate si distinguono, infatti, dalle altre obbligazioni non in base al tipo di tasso, ma per la tipologia di rischio.

Si tratta di titoli con rischio più elevato rispetto a quello delle obbligazioni ordinarie e pertanto sono caratterizzate da un maggior rendimento.

Il motivo principale va ricercato nel fatto che questi bond non sono considerati strumenti di debito tradizionali, ma vengono trattati alla stregua del capitale e rappresentano spesso un’alternativa al più costoso collocamento di azioni.”

I titoli perpetui, invece, sono obbligazioni senza scadenza, che attribuiscono al sottoscrittore solo il pagamento degli interessi e non anche la restituzione del capitale. Sono quelli per cui uno Stato (o un’azienda) si impegna solo a corrispondere un interesse annuo, ma non si obbliga a restituire il capitale.

4. Strumenti azionari.

Questa parte risultava del tutto gestita attraverso strumenti derivati.

Tutta questa configurazione comportava un risultato complessivo caratterizzato da un bel meno davanti alle cifre.

Già questo era un fatto grave, ma l’aspetto ben peggiore era che il patrimonio del cliente veniva amministrato in modo quanto mai lontano da quelle che erano le sue esigenze, le sue aspettative e i suoi desideri.

Da aggiungere a questo quadro generale, la pericolosità degli strumenti utilizzati.

Quali sono i problemi legati alla scelta di Private Bank estere?

Approfondendo con i clienti che nel tempo hanno sperimentato le banche straniere, ho potuto constatare che spesso:

  • non c’era stata un’indagine esplorativa delle esigenze, delle aspettative e dei desideri del cliente;
  • i portafogli erano stati costruiti senza tener conto del profilo specifico;
  • erano stati usati strumenti inutilmente rischiosi, non in linea con il reale profilo di rischio del cliente;
  • non erano state fornite le corrette e necessarie informazioni sulle scelte d’investimento;
  • i costi si erano rivelati esorbitanti, in molti casi il triplo di quelli applicati dalle Private Bank italiane.

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Riportare il patrimonio in banche italiane

Sono stato coinvolto in prima persona in tutte le edizioni degli scudi fiscali e ho aiutato e affiancato diversi clienti nelle operazioni di regolarizzazione e rimpatrio dei patrimonio detenuti all’estero.

Ho analizzato, riportato in Italia e poi gestito posizioni provenienti da diversi stati e da diversi istituti esteri, spesso presi a modello.

Così ho potuto verificare di persona l’efficienza e i risultati in termini di rendimento e rischio delle soluzioni proposte. E questo mi ha portato ad assumere un punto di vista più critico e ad abbandonare l’ottica di riverenza verso le Private Bank estere.

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In molti casi, infatti, proprio queste banche avevano gestito i patrimoni con architetture molto articolate, senza tener conto del rischio e delle correlazioni tra gli strumenti detenuti.

Ecco che i titoli ad alto profilo di rischio, strumenti di cui il regolamento Consob vieta l’acquisto diretto per conto dei clienti in Italia, sono giunti nei portafogli dei clienti proprio dalle posizioni rimpatriate.

Le motivazioni che spingono gli investitori a rivolgersi all’estero per la gestione del loro patrimonio, possono trovare soluzioni idonee e in molti casi più efficienti, direttamente qui in Italia.

Che si tratti di protezione, di riservatezza o diversificazione dai rischi, le soluzioni offerte dalle banche straniere sono disponibili direttamente a casa nostra, ma è necessario affidarsi a partner che abbiano gli strumenti e l’esperienza per implementarle.

Attraverso la corretta gestione del tuo patrimonio, potrai realizzare con successo i progetti ai quali è destinato, senza dover avere il terrore di non sapere cosa stanno facendo con i tuoi risparmi.

Chi fa Private Banking in maniera professionale non deve avere timore del confronto con le più blasonate banche estere. Anzi, è possibile ispirarsi al modello teorico che ha originato il Private Banking svizzero e americano, senza commettere gli stessi errori.

Ecco cosa significa affidarsi a chi della salvaguardia dei tuoi interessi ne fa la sua professione.

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